“La grande lacuna… ma è un punto di partenza“. È la sintesi forse un po’ all’estremo, degli interventi di una interessantissima giornata di lavori al convegno organizzato dall’Università Ca’ Foscari sulla normativa MiCAR presso la sede di Banca d’Italia a Venezia. La frase è del prof. Filippo Annunziata e si riferisce alla mancanza di una tassonomia chiara e definita che aiuti interpretare la norma. In realtà gli interventi sono quasi un coro unanime nell’indicare quanto la norma si manifesti sia con incongruenze interne, sia con confini non sufficientemente definiti con altre normative, quali ad esempio MiFID, che rendono il percorso degli operatori piuttosto accidentato. Costituisce un importante punto di partenza, anche se confligge con gli stessi obiettivi che il regolatore dichiara, ovvero di essere una normativa funzionale allo sviluppo delle start up che decidano di operare nelle settore delle crypto. I costi e i parametri di base sono decisamente troppo elevati per essere a portata di start up. Rimane un punto di partenza, anche se invece di dichiarare di cosa si occupa, dichiara espressamente di cosa non si occupa, e non si occupa di una serie di elementi fondanti nel mondo Crypto, ad esempio gli NFT. Rimane un punto di partenza anche se non si occupa di Finanza Decentralizzata, eppure il tema è proprio quello di capire come definire un perimetro in cui operare serenamente in un mercato completamente disruptive rispetto a quelli in cui istituzioni, banche e operatori internazionali hanno operato in passato ed operano tutt’ora. È un punto di partenza anche in questo, ovvero grazie a questa normativa gli operatori del settore legale, istituzionale, universitario e crypto convergono su alcuni aspetti.
Quali?
La lentezza della sua esegesi e della sua applicazione. Non sarà completamente operativa per i prossimi 18 mesi. Troppo per un mercato in cui è vecchio ciò che è nato tre mesi fa.
L’incompletezza e le molteplici contraddizioni e lacune, che non consentono una precisa definizione del perimetro in cui operare senza ricadere in normative legate agli strumenti finanziari e, in Italia ai prodotti finanziari.
A fronte di un panorama internazionale variegato e frammentario in termini di legislazione, calare una norma europea dall’alto che non contempli le peculiarità specifiche di ogni Paese in cui deve essere applicata, è complesso e potenzialmente disfunzionale. L’applicazione e lo sviluppo delle attività nel mondo crypto rimarrà, dunque, caleidoscopica in Europa ancora per un po’.
Un convegno di livello altissimo con relatori di spessore internazionale, coordinato in modo eccellente dal professor Andrea Minto, in cui si è potuto spaziare dalle CBDC, all’AML, dalla DeFi agli ecosistemi centralizzati. Ci si ritroverà a Venezia per parlarne tra un paio d’anni? Speriamo prima, perché questo è un punto di partenza, ma il mercato non attende.